“Lo sai che quando un uccellino visita spesso una persona è simbolo di fortuna?” -
disse la zia di Marco durante una delle consuete cene di famiglia. Gli occhi di Marco brillavano.
“Ma cosa dici, gli dà solo tanti pistacchi da mangiare,” replicò infastidita sua sorella.
“Invece, ho letto da qualche parte che gli uccellini che visitano sempre la stessa persona hanno un messaggio importante da condividere con il loro fortunato destinatario”, aggiunse il padre di Marco, mentre gli arruffava i capelli e gli sorrideva.
In mezzo a quel marasma, Marco non era riuscito a raccontare come fossero andate davvero le cose, ma credeva sinceramente che quel piccolo amico pennuto avesse qualcosa di speciale da dirgli.
Tutto era cominciato mentre rientrava da scuola. Era sul suo solito sentiero verso casa, un percorso che attraversava un parco naturale. Marco conosceva quel sentiero meglio delle sue tasche, ma quel giorno si trovò di fronte a un bivio che non aveva mai visto prima.
“Giuro che questo non c’era,” disse tra sé e sé, “avranno spostato un albero!”
Doveva scegliere se andare a destra o a sinistra.
“Beh, o la va o la spacca.”
Così chiuse gli occhi, e la sua mano indicò il sentiero di destra.
Dopo qualche passo, però, si rese conto di essersi perso; non riconosceva nulla di familiare.
Preso dal panico, si sedette su una roccia e cominciò a piangere a dirotto, chiamando:
“Mamma, Mamma!” Ma nessuna risposta.
Improvvisamente, un dolce uccellino, forse attirato dal suo pianto, planò e atterrò proprio davanti a lui. Lo guardava curioso, con le piume arruffate sulla testa come un piccolo ciuffo.
“Cip, cip, cip!”
“E tu che vuoi?” rispose Marco.
“Cip, cip, cip,” replicò l’uccellino.
“Puoi aiutarmi a uscire di qui? Mi sono perso.”
Marco non sapeva spiegarselo, ma era certo che l’uccellino lo capisse.
Infatti, il piccolo pennuto fece un movimento con la testa, quasi come se annuisse, poi si alzò in volo e si mise al fianco di Marco.
Lo guidò verso l’uscita e, durante quella passeggiata, Marco si confidò con lui.
Anche se poteva sembrare assurdo, sapeva che l’uccellino lo stava ascoltando.
Una volta fuori dal sentiero, l’uccellino atterrò ai piedi di Marco.
“Grazie davvero,” disse Marco, “Voglio darti una ricompensa, aspetta.”
Frugò nelle tasche e trovò una bustina di pistacchi che suo padre gli aveva dato.
“Ecco, te li sei meritati.”
Mise qualche pistacchio sul palmo della mano e l’uccellino iniziò a beccarli delicatamente.
Quando si salutarono, l’uccellino cominciò a cantare una melodia che Marco conosceva bene. Si girò stupito e gli sorrise, quasi commosso.
Quando tornò a casa, Marco provò a raccontare quanto era successo, ma nessuno gli credette. A lui, però, non importava. Da quel giorno, quell’uccellino vegliò sempre su di lui, accompagnandolo a casa e apparendo alla sua finestra, fischiettando quella melodia a lui cara e condividendo una manciata di pistacchi.