“Io queste persone non le capisco. Hanno a disposizione tutta questa bellezza e continuano a rovinarla con le loro sporche abitudini. Li detesto.” Una nube di fumo iniziò a levarsi dal terreno. “Mi fanno davvero arrabbiare, guarda là!” La terra cominciò a tremare e le temperature a salire. “Non li sopporto, non li sopporto proprio!” Amelia avvertì il calore della lava sul collo: aveva già iniziato a zampillare dal cratere del vulcano in cui abitava. “No, no, hai ragione,” sospirò, “ora mi calmo. Non meritano tutta questa considerazione.” Inspirò profondamente, e subito la terra smise di tremare e la lava si solidificò in roccia. Amelia si sedette su quel nuovo cumulo scuro e osservò Napoli di notte. “Eppure sei così bella... Perché ti fanno questo? Perché lo hanno fatto a me?” Aveva solo 12 anni quando scappò via. Fin da piccola, Amelia si era accorta di essere diversa dagli altri bambini. A soli 4 anni, aveva già notato che quando piangeva iniziava a piovere anche sotto un sole splendente e che, se cercava qualcosa che non riusciva a trovare, questa si illuminava di un lieve bagliore. Un giorno, però, accadde qualcosa di straordinario. Durante una partita a nascondino nei vicoli di Napoli, Amelia si nascose nella stretta intercapedine di un muro. Sentiva i passi della sua amica avvicinarsi sempre di più e sapeva che stava per essere scoperta. Inspirò profondamente e si appiattì contro il muro il più possibile, restando in ascolto. Ma quando la sua amica le si parò avanti la sentì esclamare: “Qui non c’è nessuno!”. Amelia non poteva crederci: era come se fosse entrata nel muro stesso! Da quel momento, episodi simili continuarono a verificarsi e Amelia presto capì di avere dei poteri speciali. Scoprì di avere un legame profondo con la natura: poteva far crescere i fiori in pochi istanti, guarire gli animali malati e far levitare piccoli oggetti. Tuttavia, quando era triste o arrabbiata, succedevano cose che non riusciva a controllare. Un giorno, accadde il peggio. I suoi compagni di scuola, che avevano iniziato a prenderla in giro per le sue stranezze, la seguirono nel tragitto verso casa e la circondarono nella piazza principale. “Guardate! È una strega!” gridavano, lanciandole insulti. Amelia abbassò lo sguardo, respirando affannosamente, e non si accorse che intorno a lei le case cominciavano a tremare. La terra si spaccò sotto i suoi piedi, propagandosi fino agli edifici vicini, che iniziarono a crollare nella voragine creatasi sotto di loro. Fu un miracolo che nessuno si fece male, ma molte persone persero la propria casa. Gli sguardi di orrore e sospetto la trafissero. Anche sua madre, pur essendo lì, non riuscì a difenderla dalla folla furiosa che si avventava su di lei. Spaventata e sconvolta, Amelia fuggì via, sentendo crescere dentro di sé una rabbia inarrestabile. Fuggì verso la montagna che dominava la città, il Vesuvio, senza mai voltarsi indietro. All’alba raggiunse la cima e da lì osservò la sua amata città provando solo disprezzo. Decise che non avrebbe mai più permesso a nessuno di farle del male. Il Vesuvio divenne il suo regno, fondendosi con il suo spirito e riflettendo ogni sua emozione: quando era triste, pioveva incessantemente; se malinconica, nevicava; quando era furiosa, il vulcano eruttava. Con il tempo, la presenza di Amelia trasformò il vulcano in una terra fertile, popolata da fiori e frutti unici, tra cui le sue amate albicocche, che le ricordavano i dolci di sua madre. In molti cercarono di raggiungerla, per curiosità o per sfida, ma nessuno fece mai ritorno. Amelia, ormai cresciuta e padrona dei suoi poteri, trasformava ogni intruso in una delle albicocche. Vista l’abbondanza di frutti, nessuno avrebbe potuto notare la differenza. Sembrava che nessuno sarebbe mai riuscito a sciogliere il cuore di Amelia, eppure un giorno tutto cambiò. Le continue scosse provenienti dal Vesuvio, attribuite da tutti alla Strega del Vulcano, avevano fatto crollare parte della casa di una ragazza, la cui nonna era bloccata a letto. La ragazza, disperata, decise di scalare il Vesuvio per cercare la strega e sperare di placare la sua ira. Dopo un lungo e faticoso cammino, raggiunse la cima. Le sembrò impossibile che quel luogo misterioso fosse così bello: distese verdi, piccoli ruscelli e alberi carichi di albicocche dorate. Proprio tra i rami degli alberi, scorse una figura vestita di nero, curva e avvolta in un mantello di fumo e cenere: era Amelia, intenta a raccogliere i frutti. “Perché sei venuta qui?” chiese Amelia, con una voce roca e graffiante. “Non sono qui per sfidarti,” rispose la ragazza con calma, “ma per capire. Credo che tu non sia come raccontano le storie. Penso che tu sia qui perché il mondo ti ha ferito, ma non tutti siamo così.” E iniziò a raccontare la sua storia. Le parole della ragazza colpirono Amelia come un fulmine. Per la prima volta, qualcuno vedeva oltre il suo aspetto. Una lacrima scese sul suo volto, e nel silenzio della montagna, nevicò per un istante. Con voce più dolce, Amelia disse: “Ho protetto questo luogo e i suoi frutti perché erano tutto ciò che mi rimaneva. Ma forse ho sbagliato. Forse non tutti sono come quelli che mi hanno cacciata.” Respirò. “Tutto ciò che vedi qui è frutto dell’amore che ero in grado di dare. Vedi queste albicocche? Il vero segreto della loro dolcezza non è solo la terra da cui nascono, ma l’amore e il rispetto che li nutre.” Il vulcano si quietò. Amelia prese alcune albicocche da un albero un po’ differente dagli altri suoi simili e le mise in un cesto che porse alla ragazza. “Porta questi frutti al villaggio,” disse, “lascia che tornino a casa dalle loro famiglie.” La ragazza tornò al villaggio e dispose le albicocche nella piazza. Il giorno dopo, al loro posto, c’erano tutte le persone scomparse, addormentate serenamente. L’albicocca del Vesuvio divenne simbolo di riconciliazione e legame con la natura. Da quel giorno, il Vesuvio rimase dormiente. Amelia continuò a vivere nell’ombra, ma non era più sola: aveva finalmente capito che il mondo, a volte, ha solo bisogno di una seconda possibilità.

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